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- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - 2010-12-27 | [This text should be read in italiano] | Submited by nastasia herinean
âMater dulcissimaâ, ora scendono le nebbie,
il Naviglio urta confusamente sulle dighe, gli alberi si gonfiano dâacqua, bruciano di neve; non sono triste nel Nord: non sono in pace con me, ma non aspetto perdono da nessuno, molti mi devono lacrime da uomo a uomo. So che non stai bene, che vivi, come tutte le madri dei poeti, povera e giusta nella misura dâamore per i figli lontani. Oggi sono io che ti scrivoâ. âFinalmenteâ, dirai, âdue parole di quel ragazzo che fuggi di notte con un mantello corto e alcuni versi in tasca. Povero, cosi pronto di cuore, lo uccideranno un giorno in qualche luogoâ. âCerto, ricordo, fu da quel grigio scalo di treni lenti che portavano mandorle e arance alla foce dellâImera, il fiume pieno di gazze, di sale, dâeucalyptus. Ma ora ti ringrazio, questo voglio, dellâironia che hai messo sul mio labbro, mite come la tua. Quel sorriso mi ha salvato da pianti e da dolori. E non importa se ora ho qualche lacrima per te, per tutti quelli che come te aspettano e non sanno che cosa. Ah gentile morte, non toccare lâorologio in cucina che batte sopra il muro tutta la mia infanzia è passata sullo smalto del suo quadrante, su quei fiori dipinti: non toccare le mani, il cuore dei vecchi. Ma forse qualcuno risponde? O morte di pietĂ , morte di pudore. Addio, cara, addio, mia "dulcissima mater".
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