Quando il respiro ti mancherà nel petto,
la mia bocca espirerà blandi alisei,
e sotto le matasse delle sabbie mobili del cuore,
l'aria profumata dei limoni in fiore,
sfonderà le galassie intorno alla tua aura.

Le mie mani sulla tua bellezza parleranno d'amore e
la cenere dei giorni fluttuati nell'insonnia,
coprirà pietosa la mia impronta d'inchiostro,
a te Dea in dono,
col tempo di pietra al mio corpo, prigione.

Forse son troppo adirato,
con l'umore delle lente stagioni,
dei secoli spaccherei il muro,
per alzare un nido di fiori.
La genesi del tuo corpo sfida i misteri,
cacciatrice del riflesso perfetto,
nello specchio celeste,
io unisco i palmi per elemosinare a te, crudele,
i baci di miele azzurri.

Venere che mi risorgi al tramonto del Sole,
magica icona nei sospiri di uomo,
fino a te il poema trattiene il respiro e vola
germogliando l'immortalità con la pioggia di stelle.