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Too much talking
proză [ ]

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de [gNOMMIO ]

2008-11-10  | [Acest text ar trebui citit în italiano]    | 



Too much talking

Le “Capocce che Parlano” (da recepirsi come speaker, anchorman) erano una band simbolo, con la loro “psycho killer fa fa fa fa…”, erano grandi!
Mai, ahimé, rimasi presso una loro esibizione musicale né mossi verso, ciò mi è sempre rimorso un po’. All’inizio dello sfolgorare degli anni d’oro della new wave vennero presso le arene padane e romane; i fans punk rocker dei Ramones (dei quali le “cocuzze” erano gruppo spalla), però, li respinsero bruschi e loro: “Mai più, mai più”.
Quando, però, dieci anni prima della fine del secolo in Firenze si recò David Byrne, il leader delle “Zucche Querule”, la “capoccia” numero uno, con il suo- show, io ero lì.
La cedola d’ingresso era cara, ricordo, specie in prima posizione, “Chissenefrega”, pensai, “i soldi li ho e chissà se succederà di nuovo…”.
L’esibizione prevedeva David in compagnia di un gruppo di musici cariocas e gauchos, con la cui compagnia aveva inciso un disco di musica sud americana dopo che le “Coccie” si scissero.
E mi rallegrai un bel po’ in quella occasione, specie quando “il capoccia delle capocce”, vedendo il pubblico un po’ sul moscio, fa: If you wanna dance you’re welcome, e così ognuno si lancia a ballare ed io che ho la cedolina prime posizioni sono più vicino di quelli sulle scale.
Dopo lo show vedo un personaggio che conosco, lavora lì, mi dà un passi, rimango un bel po’ in piedi presso i camerini, sperando che compaia la figura segaligna della “crozza che ulula”; c’è anche una, una responsabile, mi sa, che mi fa: Cazzo fai lì? Non vedi che passano giù miriadi?
Vorrei dirgli: Ma qualsiasi cazzi! oppure: pur’io allora. Invece no.
La prima a rivelarsi è la creola di Bahia, la Menezes, mi scrive sul passi “one kiss” e mi bacia davvero, uouuh!
Ancora un po’ ho da condiscendere poi appare il capo chiacchierone “giacca sesquipedale”, alla buon ora!
Faccio: Hi, Dave, good show! A malapena ho espresso il pensiero che si palesa una folla amplissima.
Adesso Dave pare ansioso, chiuso da una cerchia di neoromani espansivi che lo lambiscono, lo sfiorano e vociano, è proprio in ansia, sì, cerco di sbrigarmi: can you sign here?, porgo il passi.
Mi fa: can you hold a cup? Mi passa un bicchierino in ex cellulosa e firma sul passi.
Poco più e sparisce, s’eclissa a bordo di un macchinone.
Nell’ennesima occasione in cui ci secammo fu a Roma, c’era lo sciopero “Un milione in piazza! Berlusconi fuori dai coglioni!”
Un milione e a falangi gli sbirri.
Mi firma il “Dazebao”, abbassa il cappellone da cowboy, gli occhiali scuri, si infila in una via obliqua.

P.S.: scrivendo il pezzo mi accorgo che forse anziché “can you” forse era meglio dire “may you”, can significa puoi, ci riesci, quindi dissi “riesci a firmare?”. È probabile che la replica “riesci a prendere il bicchierino” fosse ironica. Mi accorgo ora.

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